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Lo sguardo di Ulisse.
La pellicola inizia con il ritorno di A. (H. Keitel), regista greco residente negli Stati Uniti, nella città natale di Ptolemais nella Macedonia occidentale per la proiezione di un suo film, in realtà il motivo principale del viaggio riguarda la ricerca di tre rulli di negativi del 1905 (“Le tessitrici“) ancora da sviluppare. Le pellicole sono state girate dai fratelli Manakias suoi connazionali: veri e propri pionieri del cinema greco.
I rulli sono molto importanti per A. perché racchiudono gli ultimi sguardi innocenti di alcuni lavoratori con tratti espressivi tipici di un’altra epoca. Forse quelle tre pellicole sono l’unica testimonianza, di fine ottocento, di immagini in movimento legate agli abitanti di quei luoghi. I filmati racchiudono l’immagine di alcune tessitrici di origini macedone, intente a svolgere con disinvoltura e grazia il loro lavoro di filatura.
Per sviluppare i rulli occorreva una formula chimica di difficile composizione. La guerra in corso rendeva ancora più difficoltoso il reperimento di quei componenti chimici così necessari alla soluzione della formula.
“Lo sguardo di Ulisse” (gran premio della giuria a Cannes) si svolge nel periodo della guerra serbo-bosniaca-croata (inizi anni ’90).
Il film svolge sia il tema dell’itinerario delle passioni umane e dell’avventura, che della questione dell’isolamento dell’eroe (in questo caso l’artista cineasta). Angelopoulos prende spunto per il film da alcune sue interpretazioni visive del famoso libro di Omero: “L’Odissea“. Al centro della sua opera c’è l’emotività del ricordo: quella che nasce dalla nostalgia dell’esule. Una nostalgia causata dal suo viaggio verso l’ignoto: che è difficoltoso anche nel ritorno in patria, perché durante l’assenza tutto è cambiato e non si sa più dove fermarsi.
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